È da pochi giorni in libreria la terza edizione di “Rischio Atmosfere Esplosive ATEX”.
Un manuale nato più di otto anni fa, ormai.
Un libro che ho cercato, fin dall’inizio, di “progettare” e “costruire” per essere un ausilio concreto e per dare un senso tecnico reale alle assunzioni comunemente adottate quando si lavora con le ATEX (ATmosphères EXplosibles).
E per poter “dare senso” all’ATEX ho avuto necessità di pormi domande.
Tante domande.
E ascoltare e comprendere le domande altrui: durante i corsi di formazione seguiti o tenuti, nel corso di sopralluoghi agli impianti, a seguito di quesiti a me sottoposti (tecnici, ingegneri, organismi di vigilanza e controllo), nel confronto con colleghi (consulenti, progettisti, processisti), in rete[1], dopo accadimenti incidentali, nei manuali studiati, nelle norme seguite.
…domande…
Moltissime domande che necessitavano di risposte adeguate e non limitate al veloce e, a volte, superficiale: “Lo dice la norma”.
Avvertivo la necessità di uno sfondo di principi di base ai quali agganciarsi per potere legare in una comune narrazione le scelte che quotidianamente facciamo.
I rilasci di infiammabili e la loro successiva dispersione, la possibilità di prevenirli in modo efficace oppure, per converso, l’esigenza di proteggere le persone dagli effetti di combustioni accidentali: tutte scelte che non possono essere improvvisate o affrontate unicamente con un approccio normo-tecnico.
E non è nemmeno ammissibile, a mio “davvero” modesto parere, l’avvicinarsi a norme tecniche complesse, rappresentanti il miglior compromesso possibile del sapere condiviso, senza una adeguata preparazione di base.
Ogni equazione, ogni assunzione contenuta in una norma tecnica è il frutto di discussioni e confronti tra pari, tra tecnici di livello.
Perdersi il percorso teorico e sperimentale che conduce un gruppo di specialisti a scegliere un approccio risolutivo piuttosto che un altro significa precludersi la comprensione profonda di quanto ci viene messo a disposizione dai normatori.
E porta a confondere la mappa (le norme e le leggi) con il territorio (la chimica-fisica, le opzioni di rilascio, le specifiche tipologie di impianto, la conoscenza storica di eventi incidentali, ecc.).
“Parigi” possiamo dire di conoscerla solo se, passeggiando, ci siamo persi (più volte!) tra le sue vie. Non certo se abbiamo acquistato l’ultima edizione della Lonely Planet.
Lo specialista dell’argomento non può essere un semplice “turista” della norma.
Lo specialista in tema di ATEX è un professionista che:
- unisce e fa sintesi dei propri e altrui errori sul tema specifico[2];
- possiede la conoscenza teorica e la comprensione fisica dei fenomeni;
- ha contezza e sa applicare le prescrizioni specifiche date dalla normativa tecnica e di legge;
- sa adattare le soluzioni alla tecnologia impiantistica che valuta;
- conosce le euristiche spicciole magari apprese dai principali eventi incidentali connessi alla tecnologia che si sta analizzando.
E molto altro, per la verità.
In sintesi, e alla luce del “senno del poi”, questo lavoro è forse la testimonianza, messa in “bella copia”, del mio personale percorso di ricerca indipendente in questo specifico argomento.
Con tutti i limiti ed errori che una tale attività può portare con sé.
Spero possa essere d’aiuto anche ad altri.
Davvero e sinceramente.
Alla prossima!
[1] In alcuni forum, per esempio sicurezzaonline.it del compianto Ing. Zago e “forumfonzar” dell’inossidabile Ing. Ugo Fonzar, troverete un “Marzio” che a volte domanda. A volte risponde.
[2] Un esperto è una persona che ha compiuto tutti gli errori possibili in un campo molto ristretto (Niels Bohr)
© Marzio Marigo