Riprendo a postare dopo l’interruzione estiva con l’augurio, per tutti noi, che la distopia nella quale siamo immersi da sei mesi (almeno) riesca a risolversi.
E lo faccio partendo da George Kingsley Zipf, un linguista di Harvard che visse nella prima metà del ‘900. Egli passò alla storia per aver notato una relazione tra i vocaboli presenti negli scritti e la loro frequenza. Correlando tali vocaboli in un istogramma si accorse che questi, al posto di formare una lunga discesa, dal più al meno frequente, si comportavano in modo anomalo.
Si presentava, il diagramma, con una bella scarpata iniziale successiva ai primi vocaboli e poi, a seguire, un lungo, lunghissimo falsopiano.
Tecnicamente una “coda lunga”.
In un nomogramma log-log una specie di retta.

Questa legge, apparente strana, dimostra peraltro la propria validità in moltissimi ambiti. Per esempio:
- la dimensione delle isole;
- la distribuzione del reddito in una popolazione;
- il periodo di tempo di permanenza di una Hit musicale in classifica;
- la grandezza degli allegati nelle mail.
Molto altro.
In altri termini, come già scoprì Vilfredo Pareto nel 1895 con la distribuzione dei redditi in un sistema sociale, esisteranno pochi fattori realmente playmaker in un sistema, e moltissimi altri con influenza via via decrescente.
Il problema, nell’ambito della sicurezza delle macchine e nel rischio di esplosione, consiste nell’individuare le principali variabili la cui modifica potrebbe influenzare in modo critico il sistema.
Tutto a “posto” quindi?
Applichiamo la regola 80-20, 20-80 e dormiamo sonni tranquilli?
…”direi di no”…
Quella presentata è una visione un po’ antica che ha portato alla creazione dei totem inscalfibili ben rappresentati dalla piramide di Heinrich sulla quale mi sono già dilungato in passato.
Una visione “statica” della sicurezza sul lavoro
Esistono situazioni, molte situazioni, nelle quali le variabili in gioco manifestano un forte accoppiamento interattivo (la NAT, Normal Accidents Theory, con tutti i suoi limiti). In situazioni ordinarie le variabili apparentemente non sono tra loro correlate, sotto stress lo divengono inaspettatamente e cambiano in modo radicale il paradigma rispetto al quale si sono fondate le strategie di sicurezza dell’impianto. Creando, involontariamente, delle Linee Maginot tecnologiche. Per esempio:
- linee di minor resistenza seguite dalle persone per svolgere i loro compiti;
- barriere invisibili che, in caso di modifica al processo, svaniscono materializzando vulnerabilità catastrofiche;
- differenze tra il lavoro realmente svolto e quello immaginato in sede di valutazione;
- presenza di una cultura della sicurezza occulta ma parallela a quelle ufficiali;
- reazioni chimiche fuggitive;
- assenza di gestione delle modifiche;
- assenza di manutenzione preventiva in impianti critici (e non critici);
- scomparsa degli invisible assets postulati da Itami, magari a causa di ristrutturazioni e/o riorganizzazioni del personale;
sono pochi esempi di potenziale presenza di complessità interattiva.
Dimenticavo all’elenco: le pandemie dovute a SARS-CoV-2.