Del derby, del “Veleno” e della valutazione del rischio

Il 6 ottobre 1957 a San Siro si stava giocando il derby. Una partita senza alcuna implicazione di classifica, visto che sia il Milan che l’Inter avevano perso da molto tempo la speranza di vincere lo scudetto. 

L’Inter conduceva 1 a 0 sul Milan e, a causa di un fallo d’area, l’arbitro concesse un rigore ai rossoneri. L’interista Benito Lorenzi, detto “Veleno”, approfittando della pausa si avvicinò alla panchina della propria squadra e, con la scusa di dissetarsi, si fece dare un limone.  

Spremette con avidità il contenuto del frutto assaporandone la dissetante acidità, si riprese e si avvicinò al parapiglia presente nell’area di rigore dell’Inter.

Senza che nessuno, in campo, si accorgesse di nulla, posizionò ciò che rimaneva del limone sul dischetto del rigore, sotto al pallone, dalla parte del portiere.

Benito Lorenzi, “Veleno”

L’arbitro fischiò e Tito Cucchiaroni, giocatore del Milan, incurante delle urla disperate del pubblico che lo avvisava dell’ostacolo, calciò il pallone. La traiettoria fece finire la palla a molti metri di distanza dalla porta.

Bilancio finale: Inter-Milan 1 a 0.

Trovo straordinario questo aneddoto.

Spiega in modo esemplare come NON si debba condurre un’analisi di rischio.

Tutti noi, quando affrontiamo un problema, possediamo conoscenze ed esperienze pregresse.

Non definitive.

Conoscenze ed esperienze che, dobbiamo esserne consapevoli, sono provvisorie e vere fino a prova del contrario.

Parlare, guardare, ascoltare, confrontarsi, discutere e filtrare le informazioni ricevute dall’AD, dall’ingegneria, dalla manutenzione fino all’operaio di linea addetto alla lavorazione o al processo che stiamo indagando, costituisce un ottimo modo per evitare il “limone di Veleno”.

Probabilmente un “professional senior” riesce a render conto, a darsi una spiegazione in autonomia, di un buon 70-80% di quello che trova, vede e sente in un reparto conosciuto per la prima volta (di cui ha esperienza di filiera).

Il problema è quel 20-30% che sfugge e che richiede approfondimento.

Un approfondimento da svolgersi sia nel corso dei sopralluoghi sia durante la necessaria rielaborazione delle informazioni acquisite.

Sarebbe indispensabile, ove possibile, trovare una spiegazione del “perché accade ciò che accade” ma, soprattutto, del “perché non accade quello che invece ci aspetteremmo dovrebbe aver luogo”.

E questo può richiedere tempo.

A volte molto.

Dovremmo cercare e ascoltare, filtrandole, le “urla del pubblico”.

Il rischio di “mandare il pallone in gradinata” è, infatti, sempre dietro l’angolo.

Non scordiamocelo.

Alla prossima!

© Marzio Marigo

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