CE = China Export?

 

Premessa: questo è il 120esimo post del mio blog. Nato per quasi per scherzo, erede dello spazio che mi era stato riservato su postilla.it, si è rivelato un efficace, e per me divertente, canale di comunicazione e confronto. Lunga vita al blog, quindi!

Un mito (o leggenda), nella declinazione che vorrei dare in questo post, è qualcosa di reputato vero per molto tempo da interi gruppi sociali poiché suona verosimile ma che, nella grande maggioranza dei casi, mai è stato approfondito in modo “empirico” in condizioni controllate. Molti sono i “miti” presenti nella moderna disciplina che comprende la sicurezza sul luogo di lavoro e la sicurezza di macchine e impianti. Un brevissimo elenco senza alcuna pretesa di esaurire l’argomento è il seguente:

e, davvero, molto, molto altro.

Nell’ambito della sicurezza delle macchine la “mitologia” è vasta ma oggi mi vorrei concentrare su quella che ritengo una leggenda inscalfibile nata a seguito dell’emanazione della prima direttiva di prodotto destinata a normare la libera circolazione delle macchine in ambito CEE (ora UE): discuto della Direttiva 89/392/CEE del 14/6/1989.

Mi riferisco, in molti l’avranno compreso dal titolo, al marchio CE inteso come “China Export”: un sotterfugio, cioè, adottato dalla Repubblica Popolare Cinese per commercializzare in Europa loro prodotti non rispondenti ai Requisiti Essenziali di Sicurezza (RES) previsti dalle direttive comunitarie.

La prima volta nella quale mi imbattei nel “mito” fu il 1997, se non ricordo male. L’occasione: un corso sulla direttiva macchine a cui venni avviato dall’azienda del mio primo impiego. Lì un esperto dell’argomento mi fornì i primi rudimenti sulla dinamica di marcatura CE dei prodotti: requisiti essenziali di sicurezza, marcatura, valutazione della conformità, fascicolo tecnico, istruzioni d’uso, fabbricante, mandatario, eccetera, eccetera. A dire il vero in quel corso di 40 ore scoprii un universo completamente sconosciuto in ambito universitario: la galassia delle direttive di prodotto, delle norme tecniche, delle interrelazioni che l’ingegneria e la fabbricazione di un prodotto intrattiene con la legislazione statale e sovranazionale[1].

Attenzione: NON NEGO che i prodotti d’importazione cinese possano, in alcuni casi, essere deficitari in termini di rispondenza alle direttive di prodotto europee. Qui, se vogliamo, troviamo l’ultimo report dell’anno 2021 dal quale possiamo farci un’idea di quali siano le segnalazioni del sistema di allarme rapido UE in relazione ai prodotti pericolosi immessi in Europa. L’elenco è lungo e sono democraticamente rappresentati prodotti fabbricati in moltissime nazioni.

Quello che invece sostengo è che

l’apposizione di una marcatura CE anomala non significa “China Export”.

La leggenda trovò la sua prima sponda istituzionale nel 2007 nella comunicazione Zuzana Roithová la quale, tra l’altro, assunse il ruolo di vice presidente della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo dal 16 luglio 2009 al 18 gennaio 2012.

La Roithová, nel video che ho riportato, riepilogava l’essenza del “mito China Export”: la compressione orizzontale dei due caratteri trasforma una regolare marcatura CE in un simbolo contraffatto, facente capo ad una procedura cinese specifica che indica, per l’appunto, un prodotto di esportazione chinese.

Quanto c’è di vero in tutto questo?

Praticamente nulla

Non esiste alcuna procedura nazionale cinese che prevede l’apposizione di una marcatura di questo tipo[2] e, all’interrogazione a risposta scritta formulata dalla deputata alla commissione (n. P-5938/07 del 27 novembre 2007), venne risposto in data 9 gennaio 2008 in questi termini:

“La Commissione è consapevole dell’esistenza del concetto errato che attribuisce alla marcatura CE il significato di «Chinese export». La Commissione non è a conoscenza dell’esistenza di una marcatura «China export» ma ritiene che il marchio cui fa riferimento l’onorevole parlamentare rappresenti la marcatura CE prevista dalla legislazione europea senza, tuttavia, rispettare le dimensioni e le proporzioni in essa descritte. La Commissione è cosciente del fatto che la marcatura CE, come qualsiasi altro marchio, è utilizzata indebitamente, ad es. essa è affissa a prodotti che non soddisfano i requisiti e le condizioni di apposizione oppure è applicata a prodotti per i quali non è prevista. Esistono anche casi in cui, sebbene il prodotto sia conforme ai requisiti applicabili, la marcatura CE non rispetta i requisiti formali, in particolare la forma del marchio CE o le dimensioni e proporzioni prescritte dalla legislazione (…)”

Quindi, riepilogando:

  • una marcatura CE che non rispetta le dimensioni e le proporzioni previste dall’Allegato III, Direttiva 2006/42/CE non indica “China Export”;
  • L’articolo 17 (Non conformità della marcatura), Direttiva 2006/42/CE stabilisce le misure da adottare nei casi di non conformità formale alle disposizioni della direttiva macchine, quando non vi è motivo di ritenere che la macchina in questione sia pericolosa;
  • Le marcature previste dalla Repubblica Popolare Cinese sono quelle indicate in precedenza (CCC oppure CQC) che non imitano né deformano il logo del marchio CE europeo.

Concludendo infine, pur avendo piena consapevolezza che la marcatura CE può essere utilizzata indebitamente in svariati ambiti, abbiamo constatato che l’associazione tra il marchio CE non proporzionato e il concetto di “China Export” è fallace. La “leggenda”, nata probabilmente come scherzo a valle di qualche corso di formazione, ha successivamente avuto vita autonoma nello sviluppo e nella diffusione in ambito europeo. Non perché reale bensì perché verosimile. Una specie di monossido di diidrogeno applicato alla sicurezza delle macchine.

Ora, quindi, per esercizio ripetiamo insieme ad alta voce:

CE compresso orizzontalmente non significa “China Export”

CE compresso orizzontalmente non significa “China Export”

(…)

— — —

PS: ATEX ALERT! Stanno aumentando le richieste di iscrizione al Workshop 2022, IV edizione [8 ore, 27÷28 gennaio 2022] dedicato alla descrizione della nuova nuova Norma EN IEC 60079-10-1:2021, alle proposte di risoluzione di alcuni dei grossi problemi che questa introduce nonché alle tematiche ATEX connesse ai nuovi carrier energetici che la decarbonizzazione porta con sé.

La possibilità di iscrizione “early booking” scade il 10 gennaio 2022.

Non dite poi che non avevo avvisato, ok?

🙂

— — —

PPS: Per chi volesse ulteriormente addentrarsi nell’opera di debunking sul tema applicativo delle direttive di prodotto consiglio l’ottimo pezzo scritto da Mario Gabrielli Cossellu, responsabile delle politiche ed esperto legale della commissione europea.


[1] Mi sono laureato in ingegneria meccanica all’Università di Padova. Uscìì allora con un bagaglio tecnico enorme che, tuttavia, risultava completamente disarticolato rispetto al mondo reale nel quale un ingegnere opera. Il discorso sarebbe molto, molto più lungo e articolato. Per mia fortura incontrai Ernesto.

[2] Sono previste in Cina due specifiche simbologie per la marcatura dei prodotti: il China Compulsory Certificate (CCC) e la Voluntary CQC Mark Certification (CQC). Nessuna delle due procedure prevede l’apposizione di marcature simil-CE.

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