Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito e l’Irlanda del Nord hanno abbandonato definitivamente l’Unione Europea.
Da sempre credo che l’UE senza UK sarà più povera. Il loro tipico modo di approcciarsi ai problemi ci mancherà. Ma ce ne faremo una ragione.
Buona fortuna a loro
E buona fortuna anche a noi.
Detto questo, sarà interessante vedere quali dinamiche si instaureranno nell’ambito delle direttive di prodotto.
C’è da dire che l’accordo del 18 ottobre 2019 prevede un periodo di transizione che durerà fino al 31/12/2020 con un’eventuale proroga di uno o due anni, ma solo se concordata entro il primo luglio 2020.
Tutto rimarrà tal quale per ancora poco meno di un anno, quindi.
E poi? Cosa cambierà nell’ambito della marcatura CE?
La risposta ha due prospettive differenti partendo dall’assunto che l’UE ha un mercato potenziale interno di circa 440 milioni di consumatori mentre il mercato interno UK è circa sette volte più piccolo.
Per uno stato membro non accadrà nulla di particolare, a meno che non commerci con l’UK. In quest’ultimo caso al termine del periodo transitorio (31/12/2020) il fabbricante UE che esporta in Gran Bretagna e Irlanda del Nord dovrà adeguarsi alla nascente regolamentazione UKCA (UK Conformity Assessed) una forma di marcatura CE in salsa british.
Vista dall’UK la visione sarà simmetrica con la differenza che l’UKCA sarà per loro obbligatoria per garantire la circolazione interna delle merci con l’aggiunta che, se è prevista la commercializzazione in UE, dovranno possedere pure la marcatura CE.
Sarà difficile che in un solo anno la Gran Bretagna metta a regime la legislazione, le procedure, le norme tecniche che trasformeranno in UKCA la CE. L’UE ci ha impiegato oltre vent’anni. Molto più probabile sarà l’adozione, in UK, di un regime transitorio molto lungo che consentirà le modifiche. Nel frattempo continuerà a valere la marcatura CE anche oltre manica. Alcune fonti specificano che i soli aspetti passibili di modifica saranno i requisiti ambientali, rimanendo inalterati gli altri aspetti (RES su rischi meccanici, elettrici, ATEX, PED, ecc.).
Vedremo.
Peraltro, poiché è fatto notorio che la Gran Bretagna era un membro molto attivo all’interno dei comitati permanenti delle varie direttive di prodotto, accadrà che la “perfida albione” si troverà d’un tratto non più a governare il sistema di marcatura CE bensì a subirlo, ottemperando a scelte cui loro non potranno più opporsi e/o gestire.
Un cambio di prospettiva che dovranno accettare per commercializzare con l’enormità del mercato UE.
Un capitolo a parte meritano le certificazioni CE rilasciate da Organismi Notificati che, salvo eccezioni, devono risiedere in UE. A questo riguardo l’art. 46 dell’accordo stabilisce che:
“Il Regno Unito garantisce che le informazioni in possesso di un organismo di valutazione della conformità stabilito nel Regno Unito […] prima della fine del periodo di transizione siano messe, senza indugio, a disposizione di un organismo notificato stabilito in uno Stato membro, su richiesta del titolare del certificato […]”
inoltre:
“Gli Stati membri garantiscono che le informazioni detenute da un organismo notificato stabilito nello Stato membro […] siano messe a disposizione, su richiesta del titolare del certificato, senza indugio, a un organismo di valutazione della conformità stabilito nel Regno Unito […]”
Ad una prima lettura di questo articolo pare escluso che si opti per regimi di accordo bilaterale quali il Mutual Recognition Agreements (es. Svizzera, Israele, Giappone, ecc.) che prevedono la presenza di Organismi Notificati in paesi non appartenenti all’UE.
In altri termini, nei casi in cui sia necessaria, per la marcatura CE, la certificazione CE emessa da un NoBo, i fabbricanti (residenti in UE o UK) che si erano appoggiati ad enti inglesi dovranno comunque far riferimento ad Enti Notificati accreditati in UE.
E viceversa, immagino, per l’UKCA.
Vedremo che accadrà anche se un accordo politico in questo senso credo rientri nella logica delle cose.
Trovo tuttavia divertente immaginare un costruttore UK, magari brexiter, obbligato a farsi certificare il proprio prodotto da un NoBo, ri-magari, francese o tedesco per poter continuare a vendere in Europa. Costruttore inglese che dovrà comunque pure ottemperare all’UKCA per il proprio mercato interno.
Interessante, infine, sarà vedere come si muoverà il BSI all’interno di CEN e CENELEC. La normativa armonizzata EN, che dà presunzione di conformità alle varie direttive di prodotto, verrà integrata con norme tecniche analoghe in applicazione dell’UKCA?
Il BSI recepirà nel proprio ordinamento le une?
Le altre?
Entrambe?
Vedremo.
Questo capitolo temo sia tutto da scrivere ex novo, come molto altro, par di capire.