Dell’idrogeno nella rete gas e di altre pinzillacchere

Sono ormai diversi gli studi condotti sul blending gas, cioè su una ipotetica miscela di metano-idrogeno da convogliare nelle reti infrastrutturali con l’obiettivo principale di “risparmiare” gas naturale per la produzione di energia.

A suo tempo cercai di dare una panoramica della cosa in termini di sicurezza.

Poiché l’idea sta continuando a “camminare”[1] è giunto il tempo di provare a far due conti in termini energetici.

Che sono, nella loro essenzialità, illuminanti.

Se partiamo dai dati tratti dalla seguente pubblicazione verifichiamo quanto segue.

Il risparmio, in termini di consumo di metano, a parità di energia prodotta, è così quantificabile:

  • con una miscela 90-10: circa il 3%
  • con una miscela 80-20: circa il 6,5%

E questo per il semplice motivo che l’idrogeno possiede un’elevata densità di energia per massa a fronte di un’energia per volume davvero molto “rarefatta”.

L’idrogeno, allo stato puro, è infatti molto leggero e può raggiungere velocità iniziali di galleggiamento dell’ordine dei 9 m/s (oltre 30 km/h).

Da una parte, quindi, avremo oneri di riconversione certi (reti, bruciatori, caldaie, sensori, impatti sulla sicurezza) mentre sull’altro piatto della bilancia vi saranno, certamente, risparmi di gas naturale che, tuttavia, saranno evidentemente ben minori rispetto a quelli che la percentuale di miscela lascerebbe intendere.

E questo al netto dell’elefante nella stanza:

come produrremo questa enormità di idrogeno?

Secondo l’Hydrogen Innovation Report 2022 elaborato dal Politecnico di Milano, in Italia “serviranno almeno 15 GW di elettrolizzatori e altri 70 GW di rinnovabili per consentire lo sviluppo della filiera dell’idrogeno verde e la decarbonizzazione di alcuni settori industriali (acciaio, fonderie, chimica, carta, vetro) e dei trasporti pesanti (camion, navi, treni). Ma il piano italiano per l’idrogeno green ora è fermo a 5 GW di elettrolizzatori al 2030”.

Vedi qui per maggiori dettagli.

Teniamo in conto, a questo proposito, che la potenza elettrica massima erogabile dal mix energetico italiano si assesta attorno i 55 – 60 GW. Per (solo parte) della transizione, in altri termini, sarà necessaria una potenza elettrica aggiuntiva più che raddoppiata rispetto all’attuale.

  1. Come?
  2. Con quali tecnologie?
  3. Dove?

Se non risolviamo prima questi problemi di base faremo bei progetti di torri e grattacieli senza i necessari plinti di fondazione.

Insomma, opereremo come dei fanciulli che costruiscono, in spiaggia, i loro castelli di sabbia.

Cominciamo a pensarci, ok?

Tutti.

Insieme.

E bene.

[1] È stata emessa la Specifica Tecnica UNI/TS 11854:2022 (Caldaie da riscaldamento centrale alimentate da combustibili gassosi – Requisiti specifici per caldaie che utilizzano gas combustibile del gruppo H e del gruppo E alle pressioni stabilite nella UNI EN 437 e in più utilizzano miscele di gas naturale e di idrogeno fino al 20% in volume) ed è in fase di sostituzione il Rapporto Tecnico UNI CEI TR 11798:2020 che includerà simulazioni di classificazione ATEX con gas blending.

Commento (1)

  • Rispondi Euro Ginobili - 15 Aprile 2023

    Proprio così Ingegnere,
    sto collaborando con una importante azienda italiana che ha sviluppato da anni caldaie a idrogeno puro o/e in miscela con altri tipi di gas e i problemi sono quelli che lei ha correttamente elencato.
    Si rischia veramente di costruire torri senza fondamenta, così come sta succedendo per le macchine elettriche in Italia, mancano una corretta pianificazione, mancano le infrastrutture, siamo sempre 3 passi indietro agli altri. Purtroppo.

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