Esistono, nell’ambito della normazione tecnica, problematiche che si evolvono e consolidano, nei decenni, a causa di lente ma prolungate “stratificazioni”.
“Stalattiti” normative che, pian piano, con la loro crescita, possono diventare un ostacolo.
Le normative tecniche sono protocolli che consentono agli specialisti di definire in modo inequivoco concetti specifici, come rappresentare la sezione di un componente meccanico in una tavola grafica, scegliere quale modello adottare per calcolare un recipiente a pressione oppure cosa significhi “zona sicura” in ambito ATEX.
Prendiamo ora alcune definizioni contenute in specifici riferimenti normativi e facciamole nostre.
- Zone NE: zone of negligible extent such that if ignition did occur it would have negligible consequences (Art. 3.3.8, EN IEC 60079-10-1:2021)
- Zone 0 NE, 1 NE or 2 NE indicates a theoretical zone which would be of negligible extent under normal conditions (Table D.1, EN IEC 60079-10-1:2021)
Risulta evidente una prima, importante, discrasia: nel medesimo testo normativo la zona di estensione trascurabile viene definita in due modi differenti. Nella parte “normativa” dello standard si introduce, infatti, il concetto di “conseguenze trascurabili” mentre l’allegato D (informativo) si trascina la definizione di NE (Negligible Extent) risalente al 1996.
Ma “conseguenza” ed “estensione” possiedono significati completamente diversi.
Peraltro, nell’ambito del calcolo degli effetti dell’esplosione (TNO Multienergy, Baker-Strehlow-Tang, TNTeq) un conto è discutere di effetti per le persone, altra cosa è valutare i danni alle strutture.
Altra cosilla: la norma si applica a classificazioni dovute alla presenza di gas o vapori infiammabili. Ma un flashfire derivante da gas naturale piuttosto che acetone può avere conseguenze radicalmente differenti in termini di “trascurabilità”[1]. Anche a parità di volume di gas/vapore considerato. In questo senso l’art. 4.4.2, seppur in forma implicita, orienta a considerare trascurabili, ove ne ricorrano le condizioni, i soli rilasci di gas. Successivamente, però, include anche i vapori emessi da sversamenti in pozza[2], indicandoli graficamente, con la conseguenza di rendere potenzialmente NE anche questi ultimi (cfr. Figure 1, EN IEC 60079-10-1:2021).
Tra l’altro, l’unico esempio di zona NE citato esplicitamente dalla EN IEC è posto in relazione al gas naturale: “(…) with an average concentration that is 50% by volume of the LFL and that is less than 0,1 m3 or 1,0% of the enclosed space concerned (whichever is smaller)”. Presupponendo implicitamente due “a priori”: 1) la rimessa in pista del “Vz”, il volume ipotetico di atmosfera esplosiva (mai completamente scomparso, come il diagramma C.1, EN IEC 60079-10-1:2021 evidenzia)[3] e 2) l’indicazione di un volume massimo pari a 2,2 litri di gas naturale quale misura di riferimento per le conseguenze. Rileviamo, tuttavia, che il diagramma C.1 della norma calcola il rilascio all’LFL (non LFL/2) e quindi, usando tale parametro, il limite diviene di 4,4 litri di gas naturale“puro”.
Quindi, 2,2 o 4,4 litri?
Dettagli.
Più o meno[4].
Perché “più o meno”?
Perché, a prescindere dall’effettivo volume in gioco, la zona NE si determina NON SOLO in base al volume ATEX[5] (aka “Grado di diluizione”) ma ANCHE in base alla disponibilità/affidabilità della ventilazione, nel caso di emissioni di grado primo o continuo[6].
In ogni caso, così come previsto dal già citato art. 4.4.2, EN IEC 60079-10-1:2021, la zona NE “può essere considerata non pericolosa”.
Chiaro?
“NE” implica “Non Hazardous Area”
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Esercizio per casa: È vero il viceversa? Le “Non Hazardous Area” sono considerabili zone NE?
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A questo proposito, la definizione di “Non Hazardous Area” si rinvene nell’art. 3.3.2, EN IEC 60079-10-1:2021: “Area in which an explosive gas atmosphere is not expected to be present in quantities such that special precautions for the construction, installation and use of equipment are required”.
Quindi le zone NE, in quanto “Non Hazardous”, sono considerabili aree nelle quali si possono installare apparecchi meccanici ed elettrici ordinari, cioè NON marcati CE-ATEX.
E, fin qui penso di non aver scoperto nulla.
Ora chiediamoci, per quale motivo si introduce il concetto di “Non Hazardous Area”? Non sarebbe stato più semplice considerare il solo concetto NE?
Si, certamente si.
Ma la “Non Hazardous Area”, oltre ad essere presente nella normativa tecnica statunitense (NFPA 497, API 505, ecc.) è esplicitamente contenuta nell’allegato I alla direttiva 1999/92/CE (il nostro Allegato XLIX, D.Lgs. n. 81/2008).
Tuttavia già sento tutti e tre i lettori giunti fino a questo punto (il mio udito è sottile): “Non è esplicitato da nessuna parte, nell’Allegato XLIX, il concetto di Non Hazardous/Non pericoloso! Ma che stai a dì?”[7]
Risposta: Avete ragione. Nella traduzione italiana, l’inglese “Non Hazardous”, specifico ed inequivoco, è stato tradotto con un nebuloso “Non esposto a rischio di esplosione”. Una traduzione non corretta che non restituisce il significato del testo originale inglese.
Ri-chiaro, no?
Giunti a questo punto rimane da chiedersi se le “Non Hazardous Area” siano anche “Safe Area”.
Le “zone non pericolose” sono, cioè, equivalenti alle “zone sicure”?
La risposta è un “NO” stentoreo.
Le “Non Hazardous Area” ereditano tale proprietà dal fatto di essere zone NE, cioè zone nelle quali la miscela, in caso di accensione, causerebbe conseguenze trascurabili.
È il “gioco” tra la portata di emissione, l’efficacia della ventilazione e la sua disponibilità nel tempo che crea una zona NE.
Se si alterasse anche solo uno dei precedenti fattori potremmo uscire dall’ambito NE ed entrare in zona classificata. L’equilibrio si perde e la zona diventa di tipo 2 IIAT3, oppure 1 IIC T1, oppure ancora 0 IIBT4…
La “zona sicura” è invece, coerentemente con quanto specificato in IGEM/SR/25:2013: “Un’area in cui un’ATEX (…) non è MAI presente (…)”.
Nella “safe area” NON C’È MAI miscela infiammabile e non ci dobbiamo preoccupare, conseguentemente, dell’espansione dei fori di guasto, dell’inefficienza dei sistemi di ventilazione, ecc.
In fondo “sicuro” deriva dal latino “Sine Cura”, senza preoccupazione
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Buone vacanze a tutti noi, ci rivediamo dopo la (meritata) pausa estiva. Mi raccomando: viaggiamo solo in “Safe Area”!
A presto
Marzio
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[1] Una pozza di liquido infiammabile può infatti causare successivi incendi, con potenziale coinvolgimento degli operatori vicini.
[2] La figura 1 è palesemente errata, peraltro. La dispersione del vapore denso derivante da un rilascio in pozza non ha certamente la forma “a fetta di torta” indicata.
[3] Ma non facciamolo sapere all’HSE britannico…
[4] Sempre a questo riguardo le Non-binding guide to good practice for implementing the European Parliament and Council Directive 1999/92/EC recitano testualmente: “A continuous volume of over 10 litres of explosive atmosphere in a confined space must always be regarded as a hazardous explosive atmosphere, irrespective of the size of the room”
[5] Calcolato, nel campo vicino, con criteri di campo lontano
[6] Per emissioni di secondo grado è ammesso una disponibilità della ventilazione ADEGUATA poiché è credibile il primo guasto, non il secondo guasto contemporaneo ed indipendente
[7] Sono certamente di Roma
Commenti (2)
Estellito Rangel Jr. - 14 Luglio 2024
La IEC 60079-10-1, con il suo testo, non ha le caratteristiche di una “norma”, ma di una “specifica tecnica”.
A causa delle discipline tecniche coinvolte, un tale documento non potrebbe essere rilasciato dall’IEC – che è composto da ingegneri elettrici ed elettronici e la cui missione è “facilitare il commercio di apparecchiature elettriche”.
Poiché sono richieste conoscenze come la dispersione di gas, tale documento avrebbe dovuto essere sotto la responsabilità dell’ISO.
Storicamente, 60079-10-1 includeva solo formule di dispersione dopo l’ingresso nella MT dei membri dell’HSE inglese che commercializzano il software di classificazione dell’area.
Cioè, professionisti non nel settore dell’elettricità.
E il suo testo è inferiore a quello della CEI 31-35.
Marzio Marigo - 14 Luglio 2024
Buongiorno Estellito Rangel Jr.
la norma EN IEC 60079-10-1:2021 contiene metodologie di calcolo a volte difficilmente comprensibili e il riferimento, in particolare, è all’Allegato D.
Fosse per me eliminerei tutti gli allegati tecnici e lascerei a chi classifica la responsabilità di calcolare emissione e dispersione.
La letteratura tecnica, in questo ambito, è sterminata.
Un riferimento su tutti: il TNO Yellow Book
Saluti, a presto