L’IDROGENO È SICURO: È LEGGERO E “VOLA VIA”

L’affermazione riportata nel titolo è corretta ma è necessario, come sempre in ambito ingegneristico, specificarne le condizioni al contorno.

“Vola via” se:

  1. è rilasciato in spazio aperto;
  2. sono presenti moti convettivi;
  3. è “sufficientemente” concentrato.

L’idrogeno puro è l’Usain Bolt dei gas: un palloncino gonfiato con questo gas può raggiungere infatti velocità di risalita di circa 9 m/s. Raggiungerebbe quindi il coperto di un qualsiasi capannone industriale, partendo dal suolo, in circa un secondo.

Torniamo però al focus del post e chiediamoci: “le tre condizioni specificate in precedenza sono presenti in ambito industriale?”

A volte si

A volte no

Quindi l’affermazione “l’idrogeno non è pericoloso poiché è leggero e vola via” va bene se stiamo narrando una fiaba a dei fanciulli.

Non va bene se facciamo analisi e valutazioni di rischio. Cercherò di giustificare la mia affermazione presentando due “fatterelli”. La casistica è molto più ampia, ma credo siano sufficientemente rappresentativi.

Primo (fatterello): immaginiamo una dispersione a getto. Supponiamo sia presente un guasto ad un riduttore di pressione di un pacco bombole contenente idrogeno.

Più ci si allontana dal riduttore più la concentrazione diminuirà. L’andamento sarà di tipo iperbolico (Birch, 1984). Tuttavia, se il getto verrà rilasciato in un ambiente congestionato (es. presenza di pipe rack, tubazioni, reattori, pareti in calcestruzzo, ecc.) non sarà in grado di “impoverirsi” liberamente. L’emissione credibilmente perderà in parte (o totalmente) la propria quantità di moto a causa degli urti con le strutture solide. L’energia cinetica verrà quindi dissipata, in tutto o in parte, e ci ritroveremo con un rilascio impoverito solo parzialmente ma del tutto privo di velocità.

Una balena spiaggiata (ricolma di idrogeno).

Che non andrà “né su, né giù”.

Facciamo due conti?

Immaginiamo di essere in presenza di un pacco bombole pressurizzato a 230 bar. L’ampiezza della distanza pericolosa sarà di circa 8 metri[1].

In otto metri, cioè, la dispersione si impoverirà al di sotto del limite inferiore di infiammabilità (LFL). Ma 8 metri sono tanti in un ambiente industriale. Se immaginiamo che il riduttore di pressione sia collocato a circa 3 metri da una parete, per esempio, dovremo tener conto che il naturale impoverimento del getto sarà interrotto in corrispondenza di tale distanza.

Domanda: “Ma a circa 3 m che concentrazione avrà raggiunto il getto di idrogeno?”

Risposta: “Circa il 10%”

E quindi, se consideriamo la miscela aria (90%) ed idrogeno (10%), otteniamo una massa molare di circa 26,27 kg/kmol la qual cosa si traduce in una densità del mix pari circa 1,1 kg/m3 (molto) poco distante dalla densità dell’aria (circa 1,2 kg/m3).

La miscela, cioè, risulta tecnicamente a “galleggiamento neutro” (densità relativa rispetto all’aria compresa tra 0,8 e 1, EN IEC 60079-10-1:2021) o, come specifica la ex Guida CEI 31-35:2012, “intermedia”[2].

Peraltro, c’è da aggiungere che la Norma EN IEC 60079-10-1:2021, oltre alle poche informazioni appena date, non fornisce molto altro supporto per la definizione delle caratteristiche di galleggiamento o meno di un rilascio ad alta pressione: il diagramma di flusso B.6 si trincera, infatti, dietro ad una laconico “Any”, cioè “Qualunque comportamento” (leggero e/o neutro e/o pesante) in funzione delle condizioni del gas e della natura del rilascio.

Non moltissimo, insomma.

In ogni caso, tutto questo panegirico per dire cosa?

Per affermare che le vicissitudini di emissione possono determinare (spesso) la presenza di mix aria-idrogeno con bassa tendenza al galleggiamento ma ampiamente interni al campo di infiammabilità (ricordo che l’LFL dell’H2 è del 4%).

Ma guarda un po’: l’idrogeno lo possiamo ritrovare in ambiente in condizioni passive, incapace di muoversi ma comunque in condizioni esplosive.

Attenzione, quindi: nelle tipiche modalità di dispersione è possibile che, soprattutto in ambienti chiusi, le sacche di gas infiammabile si possano formare non necessariamente al livello del soffitto. La ventilazione, quindi, deve essere assicurata all’intera planovolumetria a rischio.

Secondo (fatterello): traggo queste informazioni dall’immensa miniera di materiale contenuta nel “Medard” (Les explosifs occasionnels, 1999).

Di seguito la traduzione (mia, quindi un po’ adattata, non certo ufficiale e men che meno affidabile):

“Per pulire internamente una bombola di idrogeno delle dimensioni di 1,80 m, questa venne svuotata del gas in essa contenuto (fino alla pressione atmosferica). La valvola venne svitata e la bombola rimase in posizione verticale, con il foro in alto, in un angolo di un capannone per circa una settimana. Trascorso questo tempo, si suppose che l’idrogeno fosse fuoriuscito dal contenitore.

Per ispezionare la parete interna, un operatore introdusse attraverso il foro superiore una piccola lampadina funzionante a 4 Volt, sospesa all’estremità dei fili conduttori di corrente.

Inavvertitamente, data l’oscillazione, la lampadina urtò la parete metallica e si ruppe. Vi fu una deflagrazione e un conseguente limitato Flashfire fuoriuscì dalla bombola bruciando le sopracciglia dell’operatore”.

Cioè, dopo una settimana dallo svuotamento la bombola conteneva ancora dell’ATEX.

Ma guarda un po’ (e due).

Perché accadde un fenomeno di questo tipo?

Per lo stesso motivo per il quale per arieggiare una stanza apriamo due finestre, possibilmente da lati opposti, cercando di creare moti convettivi. Non pensiamo certo di cambiar l’aria forando con un trapano una parete per poi aspettare che la differente concentrazione degli inquinanti, tra l’interno della stanza e l’ambiente aperto, si riequilibri per diffusione, giusto? Il moto di diffusione, peraltro, è straordinario, ma solo nel lungo periodo. E la keyword è “lungo periodo”.

Un po’ più nel dettaglio, la fuoriuscita dell’idrogeno da una bombola in pressione è governata da quattro fasi distinte.

  1. Flusso convettivo a pressione. La fuoriuscita di idrogeno è pilotata dalla differenza di pressione. Esce idrogeno puro e le dinamiche risultano particolarmente accelerate nelle prime fasi, rallentando al diminuire della differenza di pressione.
  2. Flusso convettivo a pressione e galleggiamento. Quando la densità dell’idrogeno diviene circa pari a quella dell’aria (a circa 14bar), alla convezione governata dalla pressione si aggiunge la miscelazione per galleggiamento. L’idrogeno diviene progressivamente più leggero dell’aria e, fuoriuscendo, fa entrare quest’ultima nel recipiente. Si forma l’ATEX nella bombola. Il processo di convezione si arresta al raggiungimento dell’equilibrio della pressione tra interno ed esterno.
  3. Flusso convettivo per galleggiamento. Il flusso a pressione termina al raggiungimento dell’equilibrio con l’ambiente (la pressione interna, cioè, uguaglia la pressione esterna). Si mantiene attivo lo scambio di massa legato alla differenza di densità tra idrogeno e aria.
  4. Diffusione. Alla concentrazione di circa il 5-10% di H2 si arresta il fenomeno di convezione. Il trasferimento di massa avrà luogo a causa di un nuovo meccanismo, la diffusione per differenza di concentrazione. Una dinamica molto meno veloce della convezione. La diffusione è infatti un processo estremamente lento e può causare ristagni durevoli di ATEX all’interno di contenimenti non ventilati.

– – –

CONCLUSIONI: non fidiamoci di chi affronta il tema del rilascio di gas infiammabili ad alto rischio con approcci semplificati. La transizione energetica necessita di idee ed apertura al cambiamento. Che non significa cecità ai rischi che le nuove tecnologie portano con sé.

Ciao, alla prossima!

Marzio

– – –

[1] In realtà, con modelli di dispersione più evoluti, si può dimostrare che il dz sarà di circa 6 metri. Uscirà a breve un articolo che cercherà di dimostrare quanto affermato.

[2] “Un gas con densità relativa all’aria inferiore a 0,8 viene considerato leggero; un gas con densità relativa all’aria superiore a 1,2 viene considerato pesante. Un gas con densità relativa all’aria compresa tra 0,8 e 1,2 viene considerato intermedio e si può comportare sia come gas pesante sia come gas leggero, a seconda delle condizioni di emissione e ambientali contingenti” (art. 5.5.4, ex Guida CEI 31-35:2012).

Commenti (2)

  • Rispondi roberto - 8 Luglio 2023

    Marzio, sei troppo raffinato per il comune sentire. Pensa che abbiamo un ministro della cultura che partecipa al voto ad un concorso letterario e poi si propone di leggere le opere….. Up to you!

  • Rispondi Massimo - 8 Luglio 2023

    Articolo molto interessante

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