ATEX-FAQ

Cerco di sintetizzare in questo post le domande che più o meno spesso, in modo più o meno formale, mi vengono indirizzate da colleghi e da rappresentanti di VVF e ASL alle quali provo a rispondere nei limiti del tempo che ho a disposizione.

Non hanno alcuna pretesa di esaurire l’argomento e rappresentano la mia visione, ovviamente parziale, della specifica problematica. Peraltro, poiché la cosa viene svolta a titolo gratuito l’amico Ugo Fonzar (che saluto caramente) commenterebbe: “L’efficienza è il rapporto tra quello che fornisci e il costo al quale lo fornisci. Poiché al denominatore c’è lo zero, l’efficienza è infinita”.

In palese violazione del secondo principio della termodinamica, aggiungo io.

Ringrazio coloro i quali mi hanno interpellato e, rendendo anonimi i loro riferimenti, metto a disposizione di tutti le risposte date.

Buona lettura!

Marzio

DOMANDA 1) La Guida CEI 31-35:2012 è ancora utilizzabile per classificare i luoghi a rischio di esplosione a causa della presenza di gas e vapori infiammabili? Questa è peraltro citata negli allegati del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008.

RISPOSTA: tutti noi siamo stati “allevati” all’ombra della ex Guida 31-35:2012 che concentra il lavoro mirabile fatto dall’intelligenza collettiva dei tanti esperti che si sono avvicendati nel Sotto Comitato CEI SC 31J, non ultimi i compianti prof. ing. Tommasini e il pi Silingardi. La ex CEI 31-35:2012 nella sua ultima edizione era composta da circa 250 pagine necessarie ad interpretare le circa 140 pagine dello standard CEI EN 60079-10-1:2010: questi numeri da soli rendono conto dell’enorme lavoro svolto. Un enorme lavoro che, tuttavia, non ha avuto seguito.

La ex Guida CEI 31-35:2012 è stata infatti abrogata senza sostituzione il 14 ottobre 2018 in coincidenza dell’abrogazione, con sostituzione, della Norma europea CEI EN 60079-10-1:2010. Il foglio abrogativo tuttavia riportava il seguente sommario: “(…) Il Sotto Comitato CEI SC 31J (…) ritiene che i contenuti tecnici della Guida (…) rappresentino un utile riferimento, per le metodologie scientifiche in esse contenute, relativamente alle parti non in contrasto con la nuova edizione della Norma CEI EN 60079-10-1:2016-11, nell’ambito delle scelte affidate al valutatore/classificatore”.

In altri termini la ex Guida CEI 31-35:2012 costituisce letteratura tecnico-scientifica di qualità alla quale fare riferimento in caso di necessità ma non rappresenta più lo stato dell’arte sull’argomento, quest’ultimo (ad oggi) contenuto nelle due norme europee:

●  CEI EN 60079-10-1:2016

●  CEI EN IEC 60079-10-1:2021

Per quanto attiene alla “nota” presente in allegato XLIX, D.Lgs. n. 81/2008, riferita alle linee guida CEI 31-35 e CEI 31-56, questa era dal principio destinata ad invecchiare in fretta e male, così come molti dei riferimenti tecnici presenti del “glorioso” DPR n. 547/55 sui quali si dibatté fino all’avvento del D.Lgs. n. 626/94.

Vige in ogni caso l’art. 15, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 81/2008: “eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico”. Esiste peraltro la Legge n. 186/1968 che attribuisce lo status di regola dell’arte alle sole Norme in vigore emesse dal Comitato Elettrotecnico Italiano.

Concludendo: le “conoscenze acquisite in base al progresso tecnico” sono contenute nelle norme tecniche europee in vigore e non in guide italiane (abrogate) di norme tecniche (abrogate).

DOMANDA 2) L’attuale Norma IEC 60079-10-1:2021 contiene degli esempi di classificazione che comportano, in luogo chiuso, la completa classificazione del luogo data la non applicabilità del nomogramma nel caso di grado di diluizione medio o basso (Figura D1 della Norma). Le chiedo conferma se, allo stato attuale, sia effettivamente possibile applicare delle equazioni, alternative al nomogramma, che ci permettono di valutare l’effettiva distanza pericolosa anche in ambienti chiusi potendo quindi evitare l’intera classificazione a priori dell’intero locale.

RISPOSTA: si, è possibile poiché l’allegato è informativo. Le equazioni che consiglio sono la KM per le pozze e la CR per i rilasci di gas.

DOMANDA 3) Esiste un metodo di calcolo semplificato per stimare l’area interessata dall’apertura di una membrana di rottura / portella antiscoppio?

RISPOSTA: no. I riferimenti sono alla Norma EN 14491, la VDI 3673 e la NFPA 68. Poiché il calcolo coinvolge la determinazione della resistenza della struttura tali aspetti dovrebbero essere curati da ingegneri.

DOMANDA 4) Nel caso di valutazione che porta alla individuazione di una doppia zona, ad esempio Zona 1 + Zona 2 (ottenibile nel caso di rilascio di grado primario con diluzione media e disponibilità della ventilazione adeguata o scarsa), mi è chiaro come effettuare il calcolo della distanza pericolosa originata dalla prima zona, ma non mi è chiaro come debba essere calcolata la zona circostante alla prima (in questo caso Zona 2). La guida CEI 31-35 (2012) esprimeva chiaramente che la seconda zona andava valutata considerando una ventilazione dell’aria residua, con velocità inferiore rispetto al caso della prima zona. Tuttavia le varie formule per le distanze pericolose non includono sempre la variabile velocità e, in più, una variazione della velocità non è contemplata nei nomogrammi. Le chiedo se cortesemente può chiarire questo aspetto.

RISPOSTA: la ventilazione residua può essere, banalmente, quella con la quale si calcola lo scenario primario, come nel caso della ventilazione naturale in ambiente chiuso. In questo caso la zona 2 residua si sovrappone alla zona 1 e tra i due scenari prevarrà il secondo. Nel caso, invece, di ventilazione a “BUONA” disponibilità (penso a ventilazione meccanica) addizionata a ventilazione naturale lì le cose possono cambiare in presenza di pozze poiché le velocità locali, e quindi i ratei di evaporazione possono cambiare. Il getto non è influenzato dalle condizioni di ventilazione.

DOMANDA 5) Potrebbe fare qualche esempio di componenti a tenuta ottimizzata (valvole, connessioni), da non considerare sorgenti di emissione in base alla UNI EN 1127-1, Annex B?

RISPOSTA: Alcuni esempi sono:

●  Pompe centrifughe a trascinamento magnetico secondo API 685

●  Pompe centrifughe con doppia tenuta d’albero monitorata con flussaggio di fluido secondo API plan 52

●  Bombole di gas compresso maneggiate con valvola chiusa, tappo sul foro di collegamento e protezione della valvola

DOMANDA 6) Per quanto riguarda la ventilazione, nella trattazione lei consiglia di utilizzare i dati medi riportati dal CISBE, simili ai valori tabulati dalla CEI 31-35 (2006). Tuttavia mi sembra di capire che i valori facciano riferimento alle sole infiltrazioni da porte e da discontinuità delle strutture. Nel caso di presenza di aperture, forse sbaglio, ma credo che questi valori sottostimino la portata di aria di ventilazione e magari possano tornare comunque utili le equazioni riportate nella normativa, nelle guide CEI o in pubblicazioni scientifiche/standard di ventilazione.

RISPOSTA: Il riferimento, per grandi ambienti, è appunto al CIBSE oppure si può fare una verifica puntuale di decadimento di gas traccia. Ambiente molto grandi (es. acciaierie) possono essere assimiliti all’ambiente esterno (non si può generare campo lontano classificato). In questi casi può tuttavia variare la velocità locale dell’aria da assumersi in modo specifico, magari con campionamenti dedicati.

DOMANDA 7) Nella UNI EN 378 ancora oggi si cita a riferimento la Norma 60079-10-1 del 2010. È corretto sostituire una Norma chiaramente indicata da una Norma ma abrogata da un’altra?

RISPOSTA: La questione è annosa e si ripresenta spesso sotto varie forme. Posso dire come la penso io, ma sono consapevole che ci possono essere interpretazioni anche opposte. Partiamo dalla definizione di norma tecnica. Questa è specificata nella guida blu sull’attuazione della normativa UE che indica quanto segue: “Per «Norma europea» si intende una Norma adottata da un’organizzazione europea di normazione (OEN) elencata nell’allegato I del regolamento (UE) n. 1025/2012”.

Ad una prima lettura declinerei il concetto di “adozione” al tempo presente.

E quindi sono da definirsi “norme europee” quelle “ADOTTATE” da CEN, CENELEC e ETSI e in “VIGORE” a prescindere dalla loro pubblicazione o meno di GUCE. Discorso a parte meriterebbero le «norme europee armonizzate» ma non è il caso della Norma CEI EN 60079-10-1.

Quindi le norme europee o sono in vigore oppure semplicemente non esistono e possono essere trattate alla stregua di letteratura tecnica di qualità. La medesima considerazione vale per le norme in fase di draft preliminare.

Vive solo ciò che non è abrogato AND ciò che non è ancora nato.

E quindi la norme da applicare per la classificazione sono o la Norma CEI EN 60079-10-1:2016 oppure la Norma CEI EN IEC 60079-10-1:2021 entrambe ora vigenti. La Norma CEI EN 60079-10-1:2010 semplicemente non è, ora, una norma europea.

DOMANDA 8) Per quanto riguarda le polveri avevo già letto nella Norma 60079-10-2 e trovato conferma nel suo libro che la distanza tipica per una zona 21 è pari ad 1 m, mentre per una zona 22 può solitamente essere sufficiente una distanza di 3 m (ovviamente estendendoci fino al suolo). Le chiedo se pensa possa comunque valere la pena fare delle verifiche caso per caso con le equazioni riportate nella guida CEI 31-56.

RISPOSTA: Le equazioni dell’ex CEI 31-56 a mio personale parere non hanno grande fondamento fisico. L’idea che si formino zone derivanti da sorgenti di emissione a tenuta di polvere, con modalità simile ai gas, non mi pare sia stata ripresa da alcun organismo/ente straniero di ricerca. L’articolo originale nel quale si dava conto della metodologia ha ricevuto, dal 2005 ad oggi, due sole citazioni. Direi quindi di tenere buoni i riferimenti alla 60079-10-2 e, al limite, determinare l’estensione del flashfire derivante dalla sospensione fine al MEC della polvere in strato.

DOMANDA 9) Le faccio una domanda riguardo la inertizzazione/polmonazione in continuo di serbatoi di processo. In particolare le chiedo se la presenza di un sistema di polmonazione di gas inerte (azoto) in un serbatoio di processo contenente un liquido infiammabile possa evitare a prescindere la classificazione interna del tank a Zona 0 o se è necessaria la presenza di un sistema di controllo con qualifica SIL. Mi sembra di capire dal suo libro e dallo Standard CEN/TR 15281:2006 che per evitare la presenza dell’atmosfera esplosiva e quindi la classificazione interna sia sufficiente una polmonazione del cielo del serbatoio con azoto ad una pressione leggermente maggiore della pressione atmosferica con valvole autoregolatrici di pressione o anche con orifizi calibrati ma chiedo conferma.

RISPOSTA: Un controllo della concentrazione dell’ossigeno deve essere fatto o in forma diretta (ma c’è il problema del rapido imbrattamento della strumentazione in campo) oppure in modo inferenziale. In quest’ultimo caso si procede con il calcolo teorico (sia nel caso di purgaggio o di flussaggio) e poi, periodicamente, si verifica che la concentrazione misurata sia conforme alle previsioni. In entrambi i casi la zona 0 verrà declassificata almeno a zona 1.

Commenti (5)

  • Rispondi ernesto - 13 Agosto 2023

    Buongiorno
    sulla domanda 2.
    Lei dice di usare KM (katan Mecklemburgh) e CR (Chen Rodi) giusto?
    La ringrazio.

  • Rispondi Ernesto - 17 Agosto 2023

    Dimenticavo, per i bacini di contenimento?

  • Rispondi Caterina Perilli - 14 Novembre 2023

    Salve,
    sto facendo una classificazione ATEX su un impianto di purificazione, compressione e stoccaggio di idrogeno.
    Andando a calcolare le distanze pericolose dell’idrogeno in caso di una perdita di secondo grado risulta una diluizione bassa anche in ambiente aperto.
    Quindi si arriva ad avere una zona 1 in ambiente aperto, che va inoltre a coprire anche il locale compressori.
    Ho due domande:
    – in ambiente aperto nel caso in cui non ci siano significative restrizioni al flusso dell’aria, c’è qualcosa sulle normative o sulle FAQ che permette di prendere in considerazione una diluizione media, nonostante dai calcoli venga una diluizione bassa?
    – se il locale compressori viene interessato da una vicina zona 1, nonostante all’interno del locale sia zona 2, bisogna considerarlo zona 1 visto che la ventilazione prende aria pulita dall’esterno?
    La ringrazio in anticipo e le auguro una buona giornata.

  • Rispondi Caterina Perilli - 15 Novembre 2023

    Salve,
    io e i miei colleghi stiamo utilizzando il suo libro come confronto utile per la classificazione ATEX che stiamo svolgendo.
    Abbiamo capito che come classificazione ci esce zona 1 perché essendo alcune strumentazioni a terra abbiamo dovuto mettere una velocità del vento pari a 0.5 m/s.
    Il dubbio che ci è rimasto al momento è se prendere per l’idrogeno (P=200 barg, S=2.5 mm2) un flusso jet o diffusivo per il calcolo del raggio dz.
    Abbiamo visto che sul suo libro usa l’equazione di Chen e Rodi ma al momento stiamo facendo fatica a trovarla in letteratura.
    Abbiamo visto che è stata presa dal libro “Vertical Turbulent Buoyant Jets: A Review of Experimental Data” di Ching Jen Chen e Wolfgang Rodi scritto nel 1980 ma non riusciamo a trovarlo da nessuna parte.
    Può aiutarci in questo?
    La ringrazio sia per qualsiasi aiuto potrà darci sia per il suo libro, un ottimo acquisto che si sta rivelando utilissimo.
    Le auguro una buona giornata.
    Cordiali saluti
    Caterina Perilli

    • Rispondi Marzio Marigo - 15 Novembre 2023

      Buongiorno
      le equazioni di chen e rodi hanno, nel corso degli anni, subito varie modifiche ad opera di molti ricercatori (Birch in più riprese, Ewan e Moodie, Molkov, il TNO con lo Yellow Book, il DNV con il loro UDM, i laboratori SANDIA e, da ultimo, Andreas Mack di Gexcon).
      Detto questo, credo che riferirsi a sezioni di foro di guasto, con l’idrogeno, di 2,5 mm2 è forse eccessivo. Avete applicato per bene la tabella delle sezioni di II grado di EN IEC 60079-10-1:2021?
      Comprendo tuttavia che da lontano posso non avere bene compreso la situazione.
      Saluti cordiali
      M.Marigo

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