Si fa presto a dire “A pressione”…

In pratica, abbastanza recentemente, è accaduto questo.

La direttiva prodotto 2014/68/UE è andata a modificare uno tra i provvedimenti più complicati che l’UE abbia mai partorito: la direttiva 97/23/CE, recepita in italia con D.Lgs. n. 93/2000.

Per chi è un po’ dentro a queste cose, si discute di PED, Pressure Equipment Directive, direttiva sulle attrezzature a pressione.

E, in buona sostanza, la nuova direttiva 2014/68/UE è andata a “toccare” alcuni aspetti strategici della marcatura CE delle attrezzature a pressione PED.

Il principale motivo, così come per la Seveso III, è legato alla riclassificazione delle sostanze pericolose creata dal CLP.

Che ha prodotto una cascata di effetti.

Insomma, e in sintesi, questa modifica si è andata a sovrapporre a quella già prevista dal nuovo quadro legislativo, il New Legislative Framework (NLF) e ha partorito un aggiornamento del D.Lgs. n. 93/2000 un po’ indigesto.

Ricordiamoci, giusto come promemoria, che il NLF, nato con la Decisione n. 768/2008/CE, ha prodotto un “allineamento” di buona parte delle direttive di prodotto UE (direttiva macchine a parte) e ha introdotto, tra le altre cose:

  • Esame UE del tipo, in luogo dell’Esame CE del tipo;
  • Dichiarazione di conformità UE, in luogo della dichiarazione di conformità CE;
  • Marcatura CE in luogo di… ehm no, questa non è stata modificata…

Sulla nuova PED alcune cose, giusto per rendere l’idea.

“LA PRIMA”

Le attrezzature a pressione sono classificate per categoria secondo criteri di pericolo crescente. Ai fini di questa classificazione, i fluidi sono suddivisi in due gruppi, nel modo seguente:

GRUPPO 1, che comprende sostanze e miscele, così come definite dall’articolo 2, punti 7 e 8, del regolamento (CE) n. 1272/2008, classificate come pericolose a norma delle seguenti classi di pericolo fisico o per la salute di cui all’allegato I, parti 2 e 3, di tale regolamento:

  1. esplosivi instabili, o esplosivi delle divisioni 1.1, 1.2, 1.3, 1.4 e 1.5;
  2. gas infiammabili, categorie 1 e 2;
  3. gas comburenti, categoria 1;
  4. liquidi infiammabili, categoria 1 e 2;
  5. liquidi infiammabili della categoria 3, quando la temperatura massima ammissibile è superiore al punto di infiammabilità;
  6. solidi infiammabili, categorie 1 e 2;
  7. sostanze o miscele auto-reattive dei tipi da A a F;
  8. liquidi piroforici, categoria 1;
  9. solidi piroforici, categoria 1;
  10. sostanze e miscele che, a contatto con l’acqua, liberano gas infiammabili, categorie 1,2 e 3;
  11. liquidi comburenti, categorie 1, 2 e 3;
  12. solidi comburenti, categorie 1, 2 e 3;
  13. perossidi organici dei tipi da A a F;
  14. tossicità acuta orale, categorie 1 e 2;
  15. tossicità acuta per via cutanea, categorie 1 e 2;
  16. tossicità acuta per inalazione, categorie 1, 2 e 3;
  17. tossicità specifica per organi bersaglio — esposizione singola, categoria 1.
  18. Nel gruppo 1 rientrano anche le sostanze e miscele contenute nelle attrezzature a pressione la cui temperatura massima ammissibile TS è superiore al punto di infiammabilità del fluido.

Il GRUPPO 2 comprende tutti gli altri fluidi.

“LA SECONDA”

Le attrezzature a pressione sono classificate per categoria in base a nove schemi di valutazione (un esempio è di seguito riportato) secondo criteri di rischio crescente dal I al IV (ok, c’è anche l’art. 3, comma 3…) e devono soddisfare i Requisiti Essenziali di Sicurezza (RES) previsti dall’allegato specifico.

A seconda, quindi, della pressione, del diametro, del volume, della sostanza, parte una caccia al tesoro che si conclude con l’individuazione della pericolosità dell’apparecchio. In relazione a questa sarà necessario applicare la procedura di valutazione della conformità dedicata (vedi “LA TERZA”).

“LA TERZA”

Una volta classificata l’attrezzatura a pressione PED, è necessario procedere alla “dimostrazione” del soddisfacimento dei requisiti essenziali di sicurezza, e qui il D.Lgs. n. 93/2000 si complica (ove non lo fosse di già).

La scelta della procedura è sintetizzata nella figura seguente che correla la categoria di pericolosità dell’attrezzatura ai moduli ad essa applicabili.

La riclassificazione dell’UE ha lavorato ad una “razionalizzazione”, chiamiamola così, delle procedure di valutazione della conformità (Allegato III, D.Lgs. n. 93/2000 così come modificato e rifuso dal D.Lgs. n. 26/2016). Ce ne sono “solo 12”, variamente assemblate. Di seguito l’elenco:

  1. MODULO A: Controllo interno della produzione;
  2. MODULO A2: Controllo interno della produzione unito a controlli ufficiali delle attrezzature a pressione effettuati a intervalli casuali;
  3. MODULO B: Esame UE del tipo (di progetto, di produzione);
  4. MODULO C2: Conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione unito a prove del recipiente sotto controllo ufficiale effettuate a intervalli casuali;
  5. MODULO D: Conformità al tipo basata sulla garanzia della qualità del processo di produzione;
  6. MODULO D1: Garanzia della qualità del processo di produzione;
  7. MODULO E: Conformità al tipo basata sulla garanzia della qualità delle attrezzature a pressione;
  8. MODULO E1: Garanzia della qualità dell’ispezione e della prova delle attrezzature a pressione finite;
  9. MODULO F: Conformità al tipo basata sulla verifica delle attrezzature a pressione;
  10. MODULO G: Conformità basata sulla verifica dell’unità;
  11. MODULO H: Conformità basata sulla garanzia totale di qualità;
  12. MODULO H1: Conformità basata sulla garanzia totale di qualità con controllo della progettazione.

“LA QUARTA”

Non scordandoci, peraltro, che la PED non trova applicabilità nei seguenti casi (lo chiameremo l’elenco del VORREI MA NON POSSO):

  1. condotte comprendenti una tubazione o un sistema di tubazioni per il trasporto di qualsiasi fluido o sostanza da o verso un impianto, in mare aperto o sulla terra ferma, a partire dall’ultimo organo di isolamento situato nel perimetro dell’impianto, comprese tutte le attrezzature progettate e collegate specificatamente per la condotta, fatta eccezione per le attrezzature a pressione standard, quali quelle delle cabine di salto di pressione e delle centrali di spinta;
  2. reti per la raccolta, la distribuzione e il deflusso di acqua e relative apparecchiature, nonché canalizzazioni per acqua motrice come condotte forzate, gallerie e pozzi in pressione per impianti idroelettrici ed i relativi accessori specifici;
  3. recipienti semplici a pressione di cui al decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311, e successive modificazioni;
  4. aerosol di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 luglio 1982, n. 741, e successive modificazioni;
  5. attrezzature destinate al funzionamento dei veicoli definiti nei seguenti atti giuridici: 1) decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 28 aprile 2008, pubblicato nel supplemento ordinario n. 167 alla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 12 luglio 2008, di recepimento della direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, 2) regolamento (UE) n. 167/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all’omologazione dei veicoli agricoli e forestali, 3) regolamento (UE) n. 168/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all’omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli;
  6. attrezzature appartenenti al massimo alla categoria I (prima) a norma dell’articolo 9 del presente decreto e contemplate da una delle seguenti disposizioni: 1) decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 17, relativo alle macchine, 2) decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, e successive modificazioni, relativo agli ascensori, 3) legge 18 ottobre 1977, n. 791, e successivi decreti attuativi in materia di materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni limiti di tensione, 4) decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, e successive modificazioni, in materia di dispositivi medici, 5) legge 6 dicembre 1971, n. 1083, e decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661, in materia di apparecchi a gas, 6) decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in materia di apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva;
  7. armi, le munizioni e il materiale bellico, le attrezzature e gli insiemi appositamente progettati e costruiti a fini militari o di mantenimento dell’ordine pubblico, nonché tutti gli altri prodotti destinati a fini specificamente militari di cui all’articolo 346, paragrafo 1, lettera b) , del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea;
  8. attrezzature progettate specificatamente per usi nucleari le quali, in caso di guasto, possono provocare emissioni di radioattività;
  9. attrezzature per il controllo dei pozzi nell’industria dell’esplorazione ed estrazione del petrolio, del gas o geotermica nonché nello stoccaggio sotterraneo, e previste per contenere o controllare la pressione del pozzo. Sono compresi la testa pozzo, gli otturatori di sicurezza (BOP), le tubazioni e i collettori nonché le loro attrezzature a monte;
  10. attrezzature di cui fanno parte alloggiamenti o meccanismi in cui il dimensionamento, la scelta dei materiali, le norme di costruzione sono motivati essenzialmente da criteri di resistenza, rigidità e stabilità nei confronti degli effetti operativi statici e dinamici o da altri criteri legati al loro funzionamento e per le quali la pressione non costituisce un fattore significativo a livello di progettazione, quali: 1) i motori, comprese le turbine e i motori a combustione interna, 2) le macchine a vapore, le turbine a gas o a vapore, i turbogeneratori, i compressori, le pompe e gli attuatori;
  11. altiforni, compresi i sistemi di raffreddamento dei forni, i dispositivi di recupero dell’aria calda, di estrazione delle polveri e dispositivi di lavaggio dei gas di scarico degli altiforni e cubilotti per la riduzione diretta, compreso il sistema di raffreddamento del forno, i convertitori a gas e i recipienti per la fusione, la rifusione, la degassificazione e la colata di acciaio e di metalli non ferrosi;
  12. alloggiamenti per apparecchiature ad alta tensione come interruttori, dispositivi di comando, trasformatori e macchine rotanti;
  13. alloggiamenti pressurizzati che avvolgono gli elementi dei sistemi di trasmissione quali cavi elettrici e telefonici;
  14. navi, i razzi, gli aeromobili o le unità mobili “off‐shore” nonché le attrezzature espressamente destinate ad essere installate a bordo di questi veicoli o alla loro propulsione;
  15. attrezzature a pressione composte di un involucro leggero, ad esempio i pneumatici, i cuscini d’aria, le palle e i palloni da gioco, le imbarcazioni gonfiabili e altre attrezzature a pressione analoghe;
  16. silenziatori di scarico e di immissione;
  17. bottiglie o lattine per bevande gassate, destinate al consumo finale;
  18. recipienti destinati al trasporto ed alla distribuzione di bevande con un PSxV non superiore a 500 barxL e una pressione massima ammissibile non superiore a 7 bar;
  19. attrezzature contemplate dal decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 35, relativo al trasporto di merci pericolose, dal decreto legislativo 12 giugno 2012, n. 78, in materia di attrezzature a pressione trasportabili, e le attrezzature contemplate dal Codice marittimo internazionale per il trasporto delle merci pericolose (IMDG) cui è stata data esecuzione con il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 2 ottobre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 235 del 7 ottobre 1995, e dalla Convenzione internazionale per l’aviazione civile (ICAO) approvata con decreto legislativo 6 marzo 1948, n. 616;
  20. termosifoni e i tubi negli impianti di riscaldamento ad acqua calda;
  21. recipienti destinati a contenere liquidi con una pressione gassosa al di sopra del liquido non superiore a 0,5 bar.

Da considerare che l’elenco presente nel decreto di recepimento italiano della direttiva 2014/68/UE (di aggiornamento “PED”) appare ad oggi già in parte obsoleto stante la presenza di riferimenti abrogati, quale, per esempio, il DPR n. 126/98 ora D.Lgs. n. 85/2016 (cd. Direttiva ATEX).

C’è dell’altro, mi pare, ma… insomma, ci siamo capiti, no?

“LA QUINTA”, CONCLUDENDO

E tutto questo prima ancora di cominciare soltanto a “pensare” tecnicamente al calcolo, alla costruzione e al collaudo di un recipiente a pressione, cosa tutt’altro che semplice visti sia i principi di scienza delle costruzioni che stanno alla base sia la normativa “monstruo” della serie EN 13445-X (“Unfired Pressure Vessel Code”) che presidia il settore. Qualche migliaio di pagine di equazioni, il “Code”, che, come un buon standard normativo CEN, non possiede al proprio interno alcun esempio applicativo di calcolo.

Vogliamo chiudere in bellezza?

Certo che sì: in Italia, per l’esercizio degli apparecchi a pressione è stato promulgato il DM n. 329/2004.

Non aggiungo altro.

© Marzio Marigo

Commento (1)

  • Rispondi Roberto Bona - 21 Luglio 2017

    Come collega, studioso, docente …. Eccezionale, come sempre.
    Grande sintesi, squalificante quadro.

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