DELL’UK E DI BACONE

Alla fine ci arrivai.

Il mio intero percorso di studi è stato permeato da una logica cartesiana deduttiva.
Il “Top-Down”, eredità del francese Cartesio e dell’intera filosofia tedesca.

La scuola e, soprattutto, l’università italiana è intrinsecamente cartesiana, con una visione deduttiva e logica nella gran parte delle sue conclusioni.

La realtà autentica dei fatti è studiata come semplice esercizio applicativo delle mappe che vengono artificialmente create.
E tali mappe, le narrazioni razionali, sostituiscono i territori sottostanti.

Pian piano mi sono accorto che un simile approccio, negli ambiti applicativi di cui mi occupo, non è utile.
Per nulla.
Non posso avvicinarmi ad un problema ed affrontarlo con il solo strumento deduttivo.
Ci si perde nella metodologia, nelle assunzioni, nella ricerca di eleganza e si smarrisce lo scopo.

Ad un certo punto ci fu “l’epifania” con la scoperta dell’approccio anglosassone ai problemi, straordinariamente differente da quello dell’Europa continentale: un approccio dal basso.
Il “Bottom-up”.

La lettura dei loro manuali (UK e USA), eccezionali strumenti finalizzati alla soluzione dei problemi partendo da casi empirici, dalla realtà vera delle cose, sono stati per me la chiave di volta.
E i problemi, quasi miracolosamente, si semplificarono. Divenni in grado di risolvere cose prima nemmeno avvicinabili nell’ambito della sicurezza di processo, dei sistemi strumentati di sicurezza, della sicurezza contro le esplosioni e della manutenzione orientata all’affidabilità.

Più o meno vent’anni fa, quindi, mi trasformai in una sorta di empirista autodidatta rinnegando buona parte del sapere cartesiano e dimostrativo proprio della nostra accademia.

Pur non potendomi liberare dal fascino del ragionamento razionale cartesiano, un imprinting indelebile, il Bottom-Up divenne il mio normale strumento per comprendere la realtà.

Sul lavoro e nella vita di tutti i giorni.

Prima il territorio, i numeri, i fenomeni, poi la loro sintesi e generalizzazione.

Non il viceversa.

Io mi sento un po’ anglosassone nel modo di pensare e di cercare le soluzioni.

Ed è per questo che la scelta sostanzialmente isolazionista di USA e UK mi colpisce al cuore.

E mi stranisce.

L’Europa, in particolare, ha vitale necessità del Regno Unito e del loro peculiare pragmatismo nella soluzione dei problemi.

Come si dice? Ah, si: God Save the Queen”.

Commento (1)

  • Rispondi andrea taddei - 7 Luglio 2019

    Sono d’accordo, Lei ha espresso benissimo un concetto della tecnica applicativa dell’ingegneria. In effetti gli inglesi sono sempre stati il faro della praticità. Per quello che è la mia esperienza, credo che la procedura che potrebbe scaturire da questo approccio sia:
    sopralluogo approfondito per valutare situazione reale dell’impianto (già qui potrei trovare resistenze all’interno della mia azienda, perchè il sopralluogo è un costo e dal committente che non vuole si metta in discussione quanto riportato nei disegni)
    In base a quanto riscontrato, scegliere di conseguenza le formule da applicare
    Alla fine, definire le soluzioni tecniche (solo da qui in poi il cammino comincia a essere in discesa, ma non per questo si riconosce un merito all’approccio bottom-up)

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